Le canzoni di Lucio Corsi e l'empatia ai tempi del Long Covid
- Vivere a vista
- 18 feb
- Tempo di lettura: 4 min
Sanremo è stato il cannone che ha sparato le canzoni e la fantasia di Lucio Corsi sopra l’Italia. Chi lo ha ascoltato, si è visto ammantare dalle note e dalle immagini di Volevo essere un duro, che si sono sbarazzate del grigiume della nostra vita quotidiana.
Ho conosciuto le canzoni del cantautore maremmano tre anni fa. Ero sfiancato dai sintomi del Long Covid, che mi costringevano a passare infinite giornate a letto, nel buio della camera da letto che era diventata una cella di rigore. L’unica consolazione era la musica: i suoni non mi creavano fastidi e potevo ascoltarla per ore dall’altoparlante del mio cellulare.
Durante uno di quei tristi giorni, l’app di streaming mi propone una canzone di Lucio Corsi, un nome per me sconosciuto. Schiaccio il tasto play: Cosa faremo da grandi mi fece traboccare il cuore. Dopo pochi secondi piangevo a dirotto mentre ascoltavo la storia delle conchiglie che venivano dall’Isola d’Elba e da quella del Giglio. Ho avuto una folgorazione simile solo per i Queen e gli Smashing Pumpkins, due gruppi che hanno segnato indelebilmente la mia vita.
Da allora ho parlato a tutti con entusiasmo dell’arte di Lucio Corsi. Nelle rare occasioni in cui potevo vedere i miei amici, descrivevo le sue canzoni con passione e commozione. Spiegavo che mi avevano aiutato a resistere al dolore fisico che non mi dava tregua. Raccontavo che le sue parole si tramutavano nel rumore delle onde, che placava la disperazione di sentirmi come un morto vivente. Ne parlai anche alla mia ex compagna, che non vedevo da un paio di anni. Una ragazza che ha sempre sbandierato la sua creatività e la sua sensibilità come uniche.
Usavo parole forti, e il tono con cui le esprimevo era davvero accorato. Nonostante ciò, ogni volta che la mia bocca pronunciava “Lucio Corsi”, vedevo strane espressioni delinearsi sul viso dei miei amici, compresa la mia ex. Manco avessi detto una bestemmia. A quei ghigni seguiva un forte disappunto. Mi chiedevo come fosse possibile che, quelle canzoni che avevamo ascoltato insieme, fossero state dimenticate. Lo sentivo come un oltraggio, una mancanza totale di empatia nei miei confronti e verso sensibilità di un artista incredibile.
Poi è arrivato Sanremo che ha acceso i riflettori su Lucio Corsi in un modo che nessuno si sarebbe aspettato.
Vista la fredda accoglienza che le mie conoscenze avevano riservato al Signor Lucio Corsi, mi chiedevo quale sorte avrebbe ottenuto il suo pezzo: “Forse non verrà capito”, pensavo con dispiacere.
Mi sbagliavo, e di grosso. In poche ore i social sono stati invasi dalla “Corsi-mania”: post pieni di ammirazione avevano invaso anche lo schermo del mio telefonino, con parole entusiaste “La scoperta dell’anno!”, “Finalmente Lucio! La musica di cui avevamo bisogno!” Molti di questi post erano stati scritti proprio da quelle persone che, fino a poco tempo prima, mi guardavano con sufficienza quando parlavo di Lucio Corsi.
Questa reazione mi ha stupito e mi ha indotto in una profonda riflessione, su di me e sulle persone cheho frequentato fino a ora. Mi ha colpito vedere come alcuni dei miei amici, che mi avevano deriso per il mio entusiasmo, ora postavano entusiasti sui social.
Da sempre reagisco con entusiasmo a tutto ciò che muove il mio spirito: se una canzone, un libro o un film mi hanno impressionato positivamente, ne parlo con chiunque ritenga in grado di comprendere quello che voglio comunicare. Cerco di trasmettere le mie emozioni più positive senza riserve. In una quotidianità che comunica superficialità, tristezze e orrori, un sorriso e parole piene di colori sono il regalo più bello che possiamo fare a chi ci sta vicino.

Allora mi chiedo che razza di persone possano ascoltare con tanta superficialità le mie esperienze, come se le mie parole non avessero valore. Le canzoni che ho fatto ascoltare negli anni erano le medesime che trovano su Spotify. Assurgono a dignità solo se passano a Sanremo?
Lucio Corsi è un pretesto, è la punta dell’iceberg di una situazione ben più profonda e complicata. Perché nulla, a questo punto, può fermarmi dal pensare che questi personaggi abbiano ascoltato con la stessa superficialità i miei racconti sulle difficoltà del Long Covid, sulla paura di non avere un lavoro, sul terrore di non poter più tronare come prima.
Da anni vivo in solitudine a causa della malattia, che mi ha tolto la libertà di scegliere come e quando uscire da casa. In un contesto così complicato, ho avvertito un generale allontanamento da parte delle persone che ho sempre frequentato. Se non mi faccio sentire io, da parte degli “amici” non ricevo mai una chiamata o un messaggio. Il 99% delle volte esco da solo e, se voglio avere compagnia, mi devo affidare ad applicazioni come Tablo.
Posso serenamente dire che nella mia vita ci sono due epoche: una pre Covid, che aveva una facciata di bellissime illusioni luccicanti, e una post Covid, scarna, spigolosa e ruvida. Dolorosa, ma almeno reale.
Riconoscere questa verità mi schiaccia il petto, come se mi fosse caduto un macigno sul petto.. Come quando da bambino scoprii che Santa Lucia non esiste. Di colpo mi sentii tradito dai miei genitori e dai miei nonni, le persone verso cui provavo una fiducia cieca.
In questo momento provo la medesima delusione verso i miei “amici”: in loro per anni ho riposto la mia stima, ho confidato i miei segreti. Sapere di non essere mai stato ascoltato davvero, mi provoca un dolore profondo e lacerante.
Per fortuna posso consolarmi con la musica di Lucio Corsi.



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